Guido Sodani
Anna Maria
Anna Maria mi posò per circa un anno,allegra, seria, bella della sua gioventù spensierata, piena di sole e di scansonata libertà.
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La Duchessa di Gaeta
A Palazzo de Vio incontrai una ragazza che si trascinava una bambina pallida, senza un sorriso, che si aggrappava alla ragazza dai capelli corvini, dallo sguardo vivo e furbo che mi colpì. Lei accettò di posare  a studio per una serie di disegni per un racconto che avevo in mente.
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Anni 50-60
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Dagli Anni 80 ad Oggi
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Ritratti - La donna "Il vuoto della Società"
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, chè la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
La Duchessa di Gaeta
La Duchessa di Gaeta
A Palazzo de Vio incontrai una ragazza che si trascinava una bambina pallida, senza un sorriso, che si aggrappava alla ragazza dai capelli corvini, dallo sguardo vivo e furbo che mi colpì. Lei accettò di posare  a studio per una serie di disegni per un racconto che avevo in mente. La Gaeta “vecchia” dei borghi dei Borboni, negli anni ottanta, nel periodo invernale, era vuota di presenze ad eccezione di Americani sempre ubriachi di whisky a caccia di donne, carabinieri, finanzieri, il vecchio bar Bazanti, un negozietto di giornali, riviste e quaderni per la scuola, un fruttarolo, un fornaio e una pipinara di gatti.

Seppi dalla ragazza che la madre della bambina pallida e smunta “lavorava” con gli americani nel “bistrot” e che il più delle volte  la picchiava violentemente, piena com’era di whisky. La bambina viveva con la ragazza che era diventata una seconda madre; la imboccava, la lavava, la vestiva e la portava ai giardinetti, che a Gaeta si chiama “la villa”, giocava seduta sulla panchina del giardino con una vecchia bambola di pezza.

Nacquero così i disegni inchiostrati e i guazzi; la ragazza posava con interesse e seguiva il mio lavoro, il racconto cresceva e, pagina dopo pagina, prese corpo. Alle volte posava appoggiando il capo e guardando con occhi sgranati e furbi, a volte appoggiava il viso sulle mani con occhi sognanti e la mano era veloce, senza ritorni, con pochi colpi,un altro segno, un altro foglio; lavoravo con una frenesia, ora la mano, ora…gira la testa, sorridi…. e il lavoro procedeva e cresceva. Dipinsi la ragazza appoggiata al divano di vaste dimensioni a olio su tavola, con freschezza e immediatezza, altri studi e due tavolette sempre ad olio e tempera e pastelli, con il viso imbronciato, in controluce.

Il racconto della “Duchessa di Gaeta” era nato nel vuoto di un paese che non ha mai avuto “sogni” o ricordi dei Borboni  o di Sofia, ma solo dolori, guerre e miseria. La gente di Gaeta non sorride, è “amorfa”, non ha sogni, non ha linfa vitale propria. Il “Paseo de gratia” del Guarinelli era il sogno della Dama di Corte, non del popolino.

Il racconto della Duchessa di Gaeta rivendica il “sogno “ di un paese che non ha mai avuto sogni, che un artista, nella ricerca continua del bello e della linfa vitale, attraverso disegni, ritratti, guazzi e colore luminoso, inventa un “sogno”, un vissuto di vita autentico e non “amorfo”.
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